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Formazione, lavoro e soft skills: intervista al Prof. Tanucci

L’importanza della formazione aziendale e della formazione continua. Quanto questa può incidere nel mondo del lavoro e nel modo di lavorare di un dipendente o da parte dell’intera azienda. Quanto contano le soft skills. A questo domande, abbiamo avuto risposta da un uomo che ha predisposto la sua carriera sull’argomento. Abbiamo intervistato Giancarlo Tanucci, professore ordinario del Dipartimento di Scienze della formazione, psicologia, comunicazione, dell’ “Università degli studi di Bari Aldo Moro”. Abbiamo ascoltato un punto di vista esterno, ma allo stesso tempo incisivo per provare a fare chiarezza e dare una risposta alle tante domande in merito.

 

Formazione dei dipendenti, un investimento per le aziende

Quanto è importante la formazione all’interno di un ambiente lavorativo?

Il ruolo della formazione nell’ambito lavorativo ha assunto, negli anni, posizione ed una rilevanza crescente in ragione delle rapide trasformazioni di contesto ma, soprattutto, dell’idea stessa di lavoro. Ad una rappresentazione del lavoro intesa come naturale sbocco di un processo di apprendimento realizzato nell’ambito scolastico, universitario e della formazione professionale si è imposta una visione del lavoro come esito di un processo continuo di trasferimento di “knowhow”, di competenze sotto la spinta delle trasformazioni tecnologiche e organizzative in atto. Ogni impresa, quindi, deve farsi carico di “fare manutenzione e sviluppo” delle competenze professionali dei propri dipendenti nella misura in cui ha come obiettivo aziendale la competitività, il successo e il risultato economico. Essere competitivi e di successo vuol dire, quindi, innovare costantemente e continuativamente il profilo delle competenze, delle conoscenze dei propri collaboratori.

 

Crede che, ad oggi, le aziende investano abbastanza nella formazione dei propri dipendenti?

Siamo in una fase cruciale del processo di cambiamento delle aziende. L’innovazione viene oggi ancora ricondotta ed interpretata come un’azione di trasformazione e di evoluzione tecnologica, più o meno configurata come intervento di riduzione dei costi, senza particolare sensibilità verso le implicazioni che l’adozione delle nuove tecnologie comporta sul piano dell’assetto organizzativo e su quello delle risorse umano. In altri termini, si cambiano le configurazioni “hard – tecnologiche”, assumendo che tanto gli assetti “soft – organizzativi” e quelli “human – individui” siano irrilevanti e/o si adegueranno a seguire.

Si potrebbe richiamare l’attenzione del management che il processo di gestione in un’impresa oggi potrebbe essere rovesciato; dal modello “tecnologia – organizzazione – risorse umane” passare ad una concezione per cui va considerata, in prima battuta, la qualità professionale delle risorse umane da coinvolgere nell’ambito di un sistema organizzativo adeguato e, quindi, accedere alle tecnologie necessarie per conseguire, in questa configurazione, gli obiettivi aziendali.

C’è sicuramente molta strada da fare e le aziende iniziano a rendersi conto della necessità strategica di disporre di risorse umane qualificate ed in grado di esprimere al meglio il loro potenziale professionale.

 

Quanto contano e cambiano l’azienda, le soft skills?

Purtroppo in merito alla questione delle cosiddette soft skill le rappresentazioni correnti evidenziano una sostanziale confusione ed una serie di incertezze dovute anche alla complessità del costrutto. Spesso, vengono confuse con concetti come “le buone maniere”, “il senso civico/educazione” o, anche, vengono ricondotte ad una questione motivazionale e di atteggiamento dei collaboratori.

Le soft skill sono uno “strumento dell’agire professionale” che crescono d’importanza e di rilevanza quanto più cresce la complessità tecnologica e di processo; in questo senso, quindi, trasformano l’idea stessa di lavoro. Se qualche decennio fa il lavoro poteva essere considerato come “l’applicazione di una forza per realizzare un prodotto” oggi sempre più il lavoro implica “maneggiare informazioni”, “condividere processi”, “cooperare e interagire con altri”, “comunicare ed influenzare le condotte altri”, “pianificare catene del valore” e… si potrebbe continuare per molto, interpretando quanto viene sempre più richiesto ai propri collaboratori. In definitiva, di questo passo, è possibile elencare un sistema di soft skill che assume centralità in ogni processo di reclutamento, selezione, valutazione, “staffing” delle risorse umane nelle organizzazioni.

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